Su segnalazione di Eufemia leggiamo:
Così Benedetto XVI chiede agli ambasciatori un antidoto all’epidemia cristianofoba
di Paolo Rodari
Il discorso più importante del Pontefice in materia di politica estera è quello che egli pronuncia all’inizio d’ogni anno davanti al corpo diplomatico accreditato in Vaticano. Ieri mattina, nella sala Regia, erano rappresentati 178 paesi. All’appello mancavano soltanto gli stati che ancora non hanno relazioni diplomatiche con la Santa Sede: la Cina popolare e sedici paesi perlopiù asiatici e in buona parte a maggioranza islamica. Tra i mancanti anche il Vietnam dove è di ieri la notizia storica della nomina da parte di Ratzinger di un rappresentante non-residente.
L’ostilità contro i cristiani che si evidenzia in una generalizzata mancanza di libertà religiosa è stato il tema affrontato dal Papa. Ostilità presente non soltanto nei paesi dove tutti i giorni le cronache riportano persecuzioni contro i cristiani (Iraq, Egitto, Nigeria, Pakistan e Cina) ma anche nell’Europa laica dove il cristianesimo, se non è perseguitato direttamente, è quantomeno “marginalizzato”. Scrive sul National Catholic Reporter John Allen: “La difesa del Papa dei cristiani perseguitati riflette la convinzione che per il Vaticano gli attacchi stanno divenendo una vera e propria epidemia”.
L’epidemia per il Papa è, dunque, diffusa anche nel nostro continente. Ratzinger ha ricordato, a sorpresa, quella “minaccia” alla libertà religiosa tutta europea dove “è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”. E’ un tema che precedentemente il Papa non aveva mai legato alla libertà religiosa. Ma è un tema sentito oltre il Tevere dove le minacce di stampo occidentale sono tante e variegate: la marginalizzazione del credere, la limitazione del diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto, l’eliminazione dalla vita pubblica di feste e simboli religiosi, l’eliminazione del crocefisso dai luoghi pubblici, fino ai progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica.
Ratzinger non ha dimenticato le differenti difficoltà a cui sono costrette le minoranza religiose nel mondo. L’appello più forte l’ha fatto mentre il caso di Asia Bibi è ancora sospeso e a pochi giorni dall’assassinio di uno dei paladini delle minoranze, il governatore del Punjab Salman Taseer. Benedetto XVI ha chiesto al Pakistan di abrogare la legge sulla blasfemia che è il pretesto di molte delle violenze contro i cristiani nel paese. “Tra le norme che ledono il diritto delle persone alla libertà religiosa – ha detto Ratzinger – una menzione particolare dev’essere fatta della legge contro la blasfemia in Pakistan: incoraggio di nuovo le autorità di quel paese a compiere gli sforzi necessari per abrogarla, tanto più che è evidente che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose”.
Pubblicato sul Foglio martedì 11 gennaio 2011
© Copyright Il Foglio, 11 gennaio 2011 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.
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1 commento:
Segnalo: http://www.facebook.com/profile.php?id=1592559435#!/notes/il-timone-mensile-cattolico/il-buon-soldato-editoriale-di-gianpaolo-barra-il-timone-di-gennaio-2011/499818002584
Mitica la conclusione di Barra:
"La terza: un vero soldato, cioè ogni buon cattolico, non discute le indicazioni del Pontefice, non cavilla, non fa loro le pulci, ma impiega tutte le armi di cui dispone – i talenti di cui Dio lo ha dotato – per sostenerle, approfondirle, motivarle, chiarirle e difenderle.
Se Benedetto XVI ha detto che il Concilio – tutto il Concilio – va letto alla luce della Tradizione, e se ha ribadito che questo è il solo modo per non falsarne gli insegnamenti, e se ha precisato che solo così essi si possono comporre in armonia con le dottrine di sempre, il soldato cattolico si batte perché le indicazioni del Pontefice, le sue direttive, le sue strategie siano capite, accolte, seguite e promosse.
Non ci vuole molto, mi pare. E se qualcuno accusasse quel soldato di assumere un atteggiamento servile, passivo, umiliante, di cieca obbedienza, lo si mandi con benevola compassione a quel paese: il soldato risponde solo a Dio di come si è comportato in battaglia. Di ciò che pensano gli altri non gli importa nulla!"
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