domenica 12 giugno 2011

La gioia del popolo gitano all'indomani dello storico incontro con il Papa in Vaticano (R.V.)

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Il Papa: la Chiesa non deriva dalla volontà umana, dalla riflessione, dall'abilità dell'uomo e dalla sua capacità organizzativa, poiché se così fosse essa già da tempo si sarebbe estinta

Il Papa: "Lo Spirito Santo anima la Chiesa. Essa non deriva dalla volontà umana, dalla riflessione, dall’abilità dell’uomo e dalla sua capacità organizzativa, poiché se così fosse essa già da tempo si sarebbe estinta, così come passa ogni cosa umana. La Chiesa invece è il Corpo di Cristo, animato dallo Spirito Santo" (Omelia)

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La gioia del popolo gitano all'indomani dello storico incontro con il Papa in Vaticano

Mai più vessazioni, rifiuto o disprezzo verso gli zingari: questo l’appello del Papa ieri nello storico incontro in Vaticano con circa 2000 rappresentanti del popolo gitano. Un evento gioioso, caratterizzato da danze e musiche tipiche di questo popolo. Ascoltiamo le testimonianze di alcuni zingari raccolte da Fabio Colagrande:

R. – Sono Bonan, vengo dall’ex Jugoslavia. Sono dell’etnia Rom.

D. – Cosa rappresenta per lei questo incontro con Benedetto XVI?

R. – E’ una cosa bellissima, anche perché non è stata la comunità Rom a chiedere questo incontro, ma è stato il Papa stesso! E’ una cosa bellissima!

D. – Questo gesto che significato ha per voi?

R. – Rimarrà in tutti i cuori dei Rom. Rimarrà scritto nella storia! I Rom di tutte le culture e di tutte le etnie sono venuti da tutte le parti del mondo.

D. – La Chiesa e il Papa chiedono alla comunità cattolica, al mondo, di non essere razzisti nei confronti delle comunità dei Rom e dei Sinti. Voi come commentate questo gesto?

R. – E’ una cosa bellissima, bisogna integrare tutti …

D. – Però, la Chiesa chiede anche a voi un impegno a rispettare la legalità, per aiutare questa integrazione. Voi ve la sentite di impegnarvi?

R. – Come no? Molti di noi già si sono impegnati e sono integrati. Pian piano seguiranno anche gli altri. Basta far loro capire questo e poi ascoltarli, aprire un dialogo e far capire anche alle amministrazioni la necessità di un’integrazione.

D. – Lei è consapevole del fatto che magari per colpa di alcuni delle vostre comunità che non si comportano in maniera corretta, a pagare poi sia tutto un popolo?

R. – Sì, ne sono consapevole, ma questo non riguarda soltanto la cultura Rom: in tutte le culture di tutto il mondo c’è la parte buona e la parte cattiva. Ma c'è una differenza, a causa dei pregiudizi nei riguardi dei Rom: se un Rom fa qualcosa di male, se ne parla mesi e secoli, mentre se la stessa cosa è fatta da un’altra persona, se ne parla due giorni e finisce così. Questo è il problema. Ovunque ci sono sempre i buoni e i cattivi.

D. – E’ vero che sta cambiando qualcosa nelle vostre comunità? Che vi state integrando di più, che avete abbandonato il nomadismo?

R. – Sì, i miei genitori sono in Italia dagli anni Cinquanta, e dagli anni Sessanta sono diventati stanziali, fermi sul territorio romano. Qualche volta andiamo nel nostro Paese di origine, ma solamente per una vacanza di dieci-venti giorni; ma la nostra residenza è a Roma.

D. - Ecco una famiglia Rom, marito e moglie con i figli: da dove venite?

R. - Dalla Romania.

D. - Siete qui con tutta la famiglia?

R. – Sì, siamo cinque persone.

D. – Ma essere accolti qui in Vaticano per voi ha un significato importante?

R. – Sì, ci sentiamo benissimo!

D. – E i figli come si trovano a scuola?

R. – Si trovano bene, imparano.

R. – Le maestre dicono che vanno bene.

D. – Voi avete difficoltà a trovare lavoro?

R. – Sì, un po’ di difficoltà ci sono, ma ringraziamo Dio perché un po’ lavoriamo e non moriamo di fame.

R. – Ringraziamo Dio!

D. - Ai nostri microfoni abbiamo una bambina: come ti chiami?

R. - Io mi chiamo Elisabetta …

D. – Da dove vieni?

R. – Io vengo dalla Romania.

D. – La fede è importante nella tua vita?

R. – Sì.

D. – Se potessi dire qualcosa al Papa cosa gli diresti? Gli faresti un sorriso?

R. – (sorride) Sì!

D. - Lei, signora, cosa vuole dire riguardo alle parole del Papa contro la discriminazione?

R. – Anche noi Rom siamo uguali agli altri. Non ci deve essere discriminazione verso di noi e i nostri figli. Anche noi vogliamo andare a scuola, vogliamo lavorare e abbiamo voglia di essere come tutte le persone. Non vogliamo essere trattati così male. Io sono una persona che lavora e i miei figli vanno a scuola, quindi voglio parlare per i Rom di tutto il mondo: non ci deve essere discriminazione verso nessuno!

D. – Ecco un'altra signora. Come si chiama?

R. – Io sono Rom e mi chiamo Corabia, vengo dalla Romania e abito a Milano. Sono felice, perché sto lavorando e i miei figli vanno a scuola. Abito in una casa. Si può vivere anche in una casa. Se ci troviamo in mezzo alla strada è perché non abbiamo lavoro e siamo poveri, i più poveri del mondo, e non siamo trattati mai bene da nessuno.

D. – Secondo lei, signora, qual è il modo per favorire l’integrazione degli zingari?

R. – Il modo per integrare gli zingari deve essere quello di darci una mano. E poi, il lavoro, perché senza lavoro non si può andare avanti. Non c’è fiducia per noi Rom, ma non siamo come ci dipingono: siamo persone che vogliono avere un’altra vita per i nostri figli e per noi. Se ci daranno una mano e ci aiuteranno ad integrarci, allora noi ci integreremo volentieri. Tutti i Rom di tutto il mondo sono pronti ad integrarsi. Io ho abitato nei campi, ma poi sono cambiata con un lavoro, con una casa, con i miei figli a scuola: possono cambiare tutti, basta avere qualcuno che ci stia vicino e ci dia fiducia. Grazie mille per tutto!

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