BENEDETTO XVI: UDIENZA, IL “SILENZIO DI DIO” E LA “VITTORIA DELLA FEDE”
Dal “silenzio di Dio” alla “vittoria della fede”, che “può trasformare la morte in dono della vita, l’abisso del dolore in fonte di speranza”.
Questo il cammino percorso dal Salmo 22, al centro dell’udienza odierna del Papa da Castelgandolfo, “una preghiera accorata e toccante” – lo ha definito Benedetto XVI – che “ci ha portati sul Golgota, ai piedi della croce di Gesù. Per rivivere la sua passione e condividere la gioia feconda della resurrezione”. Al centro del salmo, uno dei “più pregiati e studiati di tutto il salterio”, la figura di “Un innocente perseguitato e circondato da avversari che ne vogliono la morte”, e il suo rivolgersi a Dio “in un lamento doloroso che, nella certezza della fede, si apre misteriosamente alla lode”. “Il suo grido iniziale – ha commentato il Papa – è rivolto a un Dio che appare lontano, che non risponde e sembra averlo abbandonato”: lo stesso grido lanciato da Gesù morente sulla Croce, “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. “Il Signore tace, e questo silenzio lacera l’animo dell’orante, che incessantemente chiama, ma senza trovare risposta”, le parole del Papa: “Ma se Dio non risponde, il grido di aiuto si perde nel vuoto e la solitudine diventa insostenibile”. Eppure, “nonostante ogni apparenza”, il salmista “non può credere che il legame con il Signore si sia interrotto totalmente”, sa che “il suo Dio non lo può abbandonare”.
Anche il grido lanciato da Gesù morente sulla croce, ha proseguito il Santo Padre, “esprime tutta la desolazione del Messia, Figlio di Dio, che sta affrontando il dramma della morte. Abbandonato da quasi tutti i suoi, tradito e rinnegato da discepoli, attorniato da chi lo insulta, Gesù è sotto il peso schiacciante di una missione che deve passare per l’umiliazione e l’annichilimento. Perciò grida al Padre, e la sua sofferenza assume le parole dolenti del salmo”. “Ma il suo – ha puntualizzato Benedetto XVI - non è un grido disperato, come non lo era quello del salmista, che nella sua supplica percorre un cammino tormentato sfociando però infine in una prospettiva di lode, nella fiducia della vittoria divina”. “La preghiera straziante di Gesù, pur mantenendo la sua carica di indicibile sofferenza, si apre alla certezza della gloria”, ha spiegato il Papa: “Nella sua passione, in obbedienza al Padre, il Signore Gesù attraversa l’abbandono e la morte per giungere alla vita e donarla a tutti i credenti”. “Tutta la storia biblica – ha affermato Benedetto XVI - è stata una storia di grida di aiuto da parte del popolo e di risposte salvifiche da parte di Dio”, e “quel Dio che oggi al salmista è così lontano, è però il Signore misericordioso che Israele ha sempre sperimentato nella sua storia”. Da una parte, dunque, “il silenzio di Dio, la sua apparente assenza”, dall’altra il fatto che “Dio è stato presente nell’esistenza dell’orante con una vicinanza e una tenerezza incontestabili”. “Il Signore è il Dio della vita, che fa nascere e accoglie il neonato e se ne prende cura con affetto di padre”, il commento del Papa, secondo il quale “l’orante rievoca la propria storia personale di rapporto con il Signore, risalendo al momento particolarmente significativo dell’inizio della vita. E lì, nonostante la desolazione del presente, riconosce una vicinanza e un amore divini così radicali da poter esclamare: ‘dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio’”. Il lamento, così, “diventa supplica accorata”, perché “l’unica vicinanza che il salmista percepisce e che lo spaventa è quella dei nemici”. “L’angoscia – ha spiegato il Papa - altera la percezione del pericolo, ingrandendolo. Gli avversari appaiono invincibili, sono diventati animali feroci e pericolosissimi, mentre il salmista è come un piccolo verme, impotente, senza difesa alcuna”. Immagini, queste, che mostrano che “quando l’uomo diventa brutale e aggredisce il fratello, qualcosa di animalesco prende il sopravvento in lui, sembra perdere ogni sembianza umana”, perché “la violenza ha sempre in sé qualcosa di bestiale e solo l’intervento salvifico di Dio può restituire l’uomo alla sua umanità”.
Proprio quando per il salmista “sembra non esserci più scampo, e la morte inizia ad impossessarsi di lui” – ha osservato il Papa commentando le “immagini drammatiche” del salmo, che “ritroviamo nei racconti della passione di Cristo” – ritorna “impellente, di nuovo la richiesta di soccorso”. “È questo un grido – ha commentato il Papa che dischiude i cieli, perché proclama una fede, una certezza che va al di là di ogni dubbio, di ogni buio e di ogni desolazione. E il lamento si trasforma, lascia il posto alla lode nell’accoglienza della salvezza”. Così, il salmo 22 “si apre al rendimento di grazie, al grande inno finale che coinvolge tutto il popolo, i fedeli del Signore, l’assemblea liturgica, le generazioni future. Il Signore è accorso in aiuto, ha salvato il povero e gli ha mostrato il suo volto di misericordia. Morte e vita si sono incrociate in un mistero inseparabile, e la vita ha trionfato, il Dio della salvezza si è mostrato Signore incontrastato, che tutti i confini della terra celebreranno e davanti al quale tutte le famiglie dei popoli si prostreranno”. “Lasciamoci invadere dalla luce del mistero pasquale e, come i discepoli di Emmaus, impariamo a discernere la realtà al di là delle apparenze – l’esortazione finale della catechesi - riconoscendo il cammino dell’esaltazione proprio nell’umiliazione, e il pieno manifestarsi della vita nella morte, nella croce”.
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2 commenti:
Sono proprio delle parole di un criminale.......
veramente, l'udienza è stata tenuta a Roma, mentre nel comunicato dell'agenzia Sir si legge che è stata a Castel Gandolfo. Scusate la pignoleria
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