Riflessioni su «Ubicumque et semper»
La novità antropologica del cristianesimo
di Marc Ouellet*
Oggi è divenuto un luogo comune parlare di crisi antropologica.
Da un lato, nei nostri contesti secolarizzati regna un clima relativista di confusione etica che grava pesantemente sull'educazione delle giovani generazioni. Dall'altro, molte aspirazioni all'amore e alla libertà vanno malauguratamente a incagliarsi negli scogli dell'individualismo e dell'edonismo. Le nostre società generano una massa di individui solitari che non osano impegnarsi in un progetto di matrimonio per fondare una famiglia.
Questa insicurezza del cuore si radica in un malessere più profondo che Papa Benedetto XVI nel motu proprio Ubicumque et semper sulla nuova evangelizzazione ha descritto come «il deserto interiore che nasce là dove l'uomo, volendosi unico artefice della propria natura e del proprio destino, si trova privo di ciò che costituisce il fondamento di tutte le cose». Il Santo Padre ripete questo messaggio sin dall'inizio del pontificato: «Il grande problema dell'Occidente è l'oblio di Dio: è un oblio che si espande. In definitiva, ogni problema particolare può essere ricondotto a questa questione, ne sono convinto». Il tema di Dio e della sua assenza nella vita degli uomini è stato al cuore della visita in Germania nel 2006.
La sfida fondamentale della nuova evangelizzazione è dunque quella di annunciare Dio in modo credibile e appropriato. Per questo non occorre forse porre in più profondo rapporto, alla maniera di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, la crisi antropologica attuale e l'immagine di Dio che il cristianesimo porta con sé?
È mia convinzione che la nuova evangelizzazione debba annunciare la novità antropologica del cristianesimo che emana dal mistero trinitario. La ricerca di felicità che assilla il cuore dell'uomo, le sue esigenze affettive, e soprattutto la sua aspirazione alla libertà, restano infatti incomprensibili in assenza dell'orizzonte di Dio che è Amore, e che, per amore e attraverso l'amore, ha creato l'uomo a propria immagine e somiglianza. Questa dottrina antropologica della Genesi, approfondita da Cristo in prospettiva trinitaria, racchiude le chiavi dell'enigma umano e della speranza della Chiesa nel nostro tempo, di cui parla la costituzione conciliare Gaudium et spes.
Questa antropologia trinitaria è rimasta praticamente dimenticata per secoli. Essa occupava un posto centrale nei Padri della Chiesa e aveva ancora un ruolo importante in san Tommaso d'Aquino, ma è stata eclissata nell'epoca moderna dal deismo. Quest'ultimo è sfociato nell'ateismo, lasciando l'uomo scombussolato, alla deriva nel cosmo, e preda di un'abnorme esaltazione della propria autonomia.
Oggi le società occidentali secolarizzate sono in declino, in mancanza di un radicamento nel ricco humus della loro tradizione cristiana. Esse riprenderanno vigore e torneranno a essere feconde nella misura in cui gli individui, interpellati dall'annuncio del Vangelo, vorranno divenire persone in comunione profonda con Dio in Cristo. L'annuncio di un'antropologia trinitaria potrebbe allora ravvivare la speranza, esaltando il dono di sé a Dio e agli altri come cammino di felicità.
*Cardinale prefetto della Congregazione per i Vescovi
(©L'Osservatore Romano - 25 febbraio 2011)
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