giovedì 8 settembre 2011

Con occhi aperti. L'Eucaristia, la nostra storia e la nostra cultura (Ernesto Diaco)

XXV CEN

Con occhi aperti

L'Eucaristia, la nostra storia e la nostra cultura

Ernesto Diaco

L'Italia è una nazione "afferrata all'altare". Si è aperto con questa immagine dello storico Andrea Riccardi il 25° Congresso eucaristico nazionale, nella suggestiva cornice della città di Ancona, porta verso l'Oriente e cuore di una terra, le Marche, da sempre crogiolo di spiritualità e fede di popolo. Tra santuari, cattedrali, oratori, confraternite e opere dell’ingegno cristiano, sorte tra l’Appennino e l’Adriatico, non è difficile scorgere quel nesso tra l'Eucaristia e la vita quotidiana che costituisce il tema di fondo attorno a cui è costruito l'appuntamento anconetano.
Non a caso nel primo momento dei lavori è stato ripercorso il nostro passato, in felice sintonia con le celebrazioni per il 150° dell'unità politica del Paese. "La storia non è solo guerre, governi ed economia: c'è anche una dimensione spirituale", ha ricordato Riccardi. "La sua vitalità sta in altre fonti. L'Eucaristia ha segnato il sentimento degli italiani". Come scriveva il poeta David Maria Turoldo, "il baricentro del mondo e della storia è qui: in un nulla di ostia".
Che l'Eucaristia sia una presenza vitale fra le case degli italiani lo stanno dicendo con efficacia gli otto giorni di preghiera e riflessione sugli ambiti dell'esistenza. Amore, lavoro e festa, fragilità, incontro fra le generazioni, cittadinanza. L'intento di fondo è quello di delineare una "cultura eucaristica", per usare un'espressione di Benedetto XVI: un modo originale di guardare e di pensare la vita e la convivenza, scaturito dall'adorazione del mistero del Dio che si fa pane e vino. Se la mentalità diffusa scivola verso l’individualismo e la riduzione dell’esperienza umana, il banchetto eucaristico mette davanti al valore sacro di ogni vita, per cui è spezzato quel corpo, parla di comunione e di unità, difende l’uomo dall’adorazione di se stesso. Quell’ostia è un dono che apre gli occhi su tutti gli altri doni ricevuti e svela la contemporanea fragilità e grandezza della nostra condizione.
Con un’ampia proposta di mostre e percorsi artistici, la cultura eucaristica disegnata dal Congresso di Ancona incrocia in particolare la “via della bellezza” tanto cara a Benedetto XVI, che l’ha riproposta anche nell’udienza generale del 31 agosto scorso. Se, per citare le parole di Marc Chagall richiamate dal Papa in quell’occasione, "i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell'alfabeto colorato che è la Bibbia", il pane eucaristico ha fatto sorgere cattedrali, ispirato inni e affreschi, formato il pensiero e sostenuto la ricerca della pace e della giustizia. Non a caso i vescovi italiani aprono i loro Orientamenti sull’educazione con il racconto di Gesù che moltiplica i pani e si offre come alimento per il cammino.
Dalle giornate marchigiane proviene un forte messaggio per l’intera nazione. Il Congresso eucaristico dice che il futuro dell’Italia si gioca prima di tutto nella riscoperta della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Come scriveva l’indimenticato vaticanista Domenico Del Rio, alla vigilia del Congresso eucaristico internazionale del 2000: “Nel giorno della festa del Dio ‘in forma di pane’ c’è da pensare non solo alla moltitudine degli affamati nel mondo che continuano a non avere pane, ma anche ai sazi di consumi e di cultura che ostentano di non aver fame di Dio”.

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