mercoledì 14 settembre 2011

Pur di colpire. Il ricorso presentato al Tribunale dell’Aja (Sir)

ACCUSE AL PAPA

Pur di colpire
Il ricorso presentato al Tribunale dell’Aja


Una denuncia alla Corte penale internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità. Proprio questa è l’accusa che un gruppo di associazioni di vittime dei preti pedofili ha rivolto a Benedetto XVI, al segretario di Stato vaticano card. Tarcisio Bertone e al suo predecessore, card. Angelo Sodano, oltre che al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, card. William Joseph Levada. Il ricorso, che accusa il Papa e i tre cardinali di essere responsabili, in quanto “vertici” della Chiesa cattolica, per i crimini commessi da quei sacerdoti coinvolti in casi di pedofilia, ha poche probabilità di essere accettato dal Tribunale dell’Aja, se non altro perché è dubbia la competenza della Corte in tale caso e, tra i 117 Paesi che hanno firmato il trattato costitutivo, non figura il Vaticano.

Un’“inutile enormità”. Di sicuro, il ricorso è riuscito a far andare la vicenda sui giornali, dando visibilità a quanti l’hanno promosso. “I media – spiega al SIR il giurista Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa (Libera università Maria Ss.ma Assunta) – hanno dato molta eco alla vicenda perché si tratta di un’iniziativa clamorosa, senza precedenti e per certi aspetti paradossale”. Il rettore la definisce “inutile enormità”, pur ricordando che dietro “possono esserci altri interessi”: da parte dei promotori “ce ne sono senz’altro di meramente economici”; inoltre “la presenza della Chiesa, e in particolare il Magistero di Benedetto XVI, non sono graditi a qualche parte ideologicamente o eticamente orientata in maniera diversa”. “Vi è, soprattutto nel mondo occidentale, una forte presenza anticattolica, e anzi si potrebbe dire che il pregiudizio anticattolico è l’unico ancora tollerato”. Proprio sulla pedofilia, però, “Benedetto XVI ha dato delle risposte forti – osserva il giurista – sia recentemente, sia quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Pertanto è ingiusto chiamare la Chiesa sul banco degli imputati: ci sono errori di singole persone, e queste devono pagare. Ma ancor più ingiusto è chiamare in causa chi, come papa Benedetto, sia da cardinale sia da pontefice si è distinto per la denuncia dei preti pedofili e per un atteggiamento di umana e cristiana attenzione verso coloro che sono stati vittime di questi fatti”.

Iniziativa senza basi. Guardando, con gli occhi del diritto, la questione, “si tratta di un’iniziativa senza alcuna base giuridica – riprende Dalla Torre – sia perché la Santa Sede non ha firmato il trattato istitutivo, sia perché la giurisdizione di quest’autorità non si sostituisce a quella degli Stati, bensì funziona solo qualora gli Stati stessi non esercitino le loro funzioni. E non è questo il caso”, dal momento che i sacerdoti accusati di comportamenti pedofili, nei vari Paesi, sono stati perseguiti e, se colpevoli, condannati. In terzo luogo la fattispecie dell’accusa, “crimini contro l’umanità”, “comporta da un lato una notevole estensione numerica, come potrebbe essere una parte consistente del popolo di un determinato Paese, con l’intenzionalità e la consapevolezza di compiere un’azione collettiva diffusa”. Ma le vicende denunciate, commenta il giurista, “mi sembrano assolutamente non riconducibili” a questo requisito. Poi, aggiunge, “bisogna considerare – spostandosi dal diritto internazionale a quello canonico – che le Chiese particolari non sono realtà che hanno una dipendenza dalla Santa Sede: c’è autonomia, e dunque una responsabilità che non può essere trasmessa al soggetto ‘Santa Sede’. Non è come una holding, per la quale si arriva alla società madre che risponde di tutto: qui c’è una responsabilità del vescovo diocesano – o del superiore, laddove si tratti di ordini religiosi – che per il diritto canonico ha la pienezza dei poteri”.

L’impegno del Papa è “sotto gli occhi di tutti”. La notizia del ricorso è giunta mentre, a Monaco di Baviera, si stava chiudendo l’annuale meeting interreligioso promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. E il portavoce della Comunità, Mario Marazziti, l’ha bollata come “un’iniziativa patetica, proposta da chi ha una visione deformata della realtà”. È una vicenda “molto triste”, ha aggiunto, perché si ha l’impressione che venga “da gente che cerca solo notorietà”. Il Tribunale dell'Aja, ha osservato il portavoce di Sant’Egidio, “deve occuparsi di cose molto serie e non può perdere il tempo dietro a iniziative di tal genere”; d’altra parte il contrasto di Benedetto XVI ai crimini sui minori commessi da membri del clero è “sotto gli occhi di tutti”. “Serve una vera opera d’informazione per rendere giustizia a quanto fatto dal Pontefice”, rileva in una nota l’Aiart, associazione di spettatori radiotelevisivi. Mentre il Vaticano si è limitato a un “no comment”, per l’arcivescovo di Napoli, card. Crescenzio Sepe, “qui c’è, dobbiamo dirlo molto concretamente, il solito tentativo anti-cattolico che tende in qualche maniera a offuscare un’immagine che, dal punto di vista umano, è quanto di più prestigioso abbiamo nella nostra società”.

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