sabato 19 febbraio 2011

Malati e Chiesa: l’editoriale di padre Lombardi (Radio Vaticana)

Malati e Chiesa: l’editoriale di padre Lombardi

In tutto il mondo cresce l’attesa per la cerimonia di Beatificazione di Giovanni Paolo II, il primo maggio prossimo. Uno degli aspetti più luminosi della testimonianza di Karol Wojtyla è stato il modo in cui ha vissuto la sua lunga malattia. Proprio da qui muove la riflessione del nostro direttore, padre Federico Lombardi, sul binomio malati-Chiesa, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

Era stato Giovanni Paolo II a volere che la Chiesa celebrasse ogni anno una Giornata mondiale del malato, in febbraio, nel giorno dedicato alla Madonna di Lourdes. La malattia è parte così essenziale dell’esperienza umana da essere necessariamente anche nel cuore di ogni esperienza di fede. Tocca ogni persona, o direttamente nella sua carne e nella sua mente, o nelle persone vicine e care, o nell’ambiente circostante, e coinvolge nel più profondo dell’animo, sfidando l’amore, la speranza, la fede stessa. Gesù Cristo, con la sua attenzione ai sofferenti, con la sua personale passione e morte, è la parola di conforto più credibile per i malati, e così deve cercare di esserlo la Chiesa intera, animatrice di solidarietà e amore in ogni dimensione della comunità umana. Ci prepariamo alla beatificazione di Giovanni Paolo II, grande testimone della malattia vissuta nella fede. Il modo in cui l’ha vissuta - per sé e per noi – è uno dei motivi principali per cui tutti siamo convinti della sua santità. Come Gesù che porta la croce, è anch’egli un grande amico e intercessore per ogni malato.
Ma oltre al conforto, c’è l’impegno. Dice Benedetto XVI: “La misura dell’umanità si determina nel rapporto con la sofferenza e il sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e a contribuire perché la sofferenza sia condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana” (Spe salvi, 38).
La sofferenza chiama e può suscitare amore. Tantissimo amore. Senza di essa non conosceremmo le profondità dell’amore. Chiediamo di capirlo e di viverlo, per crescere nell’umanità.

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