sabato 12 febbraio 2011

Mons. Georg Ratzinger ripercorre la sua vita accanto al fratello minore, ora Papa Benedetto XVI. Il commento di Salvatore Izzo

Maria, Georg e Joseph Ratzinger
PAPA: IL FRATELLO, DA BIMBI FACEVAMO IL GIOCO DEL PARROCO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 12 feb.

"Eravamo i due maschi e abbiamo giocato molto insieme e fatto tante cose insieme: costruivamo insieme il presepe, e poi tra i giochi piu' frequenti c'erano giochi spirituali, noi lo chiamiamo il 'gioco del parroco' e lo facevamo noi due, nostra sorella non partecipava".
Lo racconta mons. Georg Ratzinger, fratello maggiore di Benedetto XVI, che in un'intervista al mensile statunitense "Inside the Vatican" ricostruisce i suoi rapporti con il futuro Pontefice.
"Uno alla volta, a turno - ricorda - eravamo il ministrante o il chierichetto. Si celebrava la messa e avevamo delle casule fatte dalla sarta della mamma proprio per noi".
Poi il seminario, e la passione per la liturgia, la musica, lo studio. "E' stato - spiega mons. Ratzinger - uno sviluppo continuo. Fin da piccoli abbiamo vissuto con un amore per la liturgia e questo e' proseguito via via nel seminario.
Dopo la prima messa - ricostruisce il sacerdote 87enne - per tre anni siamo stati separati perche' nel 1947 Joseph e' andato a Monaco e nel 1950 ci siamo ritrovati a Frisinga. Dopo l’ordinazione dal novembre del 1951 ad ottobre 1952 a Monaco stavamo in parrocchie confinanti divise da un parco : io avevo la chiesa di San Ludwig e Joseph al Preziossismo Sangue".
Gia' allora, mio fratello, rivela mons. Georg, "era il riferimento per tutti noi, ed ha accettato di diventare professore a Bonn anche in vista della utilita' della famiglia. Nel 1955 i nostri genitori si sono trasferiti da lui a Frisinga e nel 1956 si e' aggiunta anche nostra sorella Maria, e cosi' quando io ero libero ho sempre raggiunto la famiglia a Frisinga. Poi alla fine ci siamo ritrovati a Ratisbona, io a dirigere i Domspatzen e mio fratello all'universita'. E' stato un periodo molto bello ed intenso, noi tre fratelli eravamo riuniti. Certo con la nomina e il trasferimento a Monaco, ma la distanza non era tanta, era piuttosto la mancanza di tempo che ci teneva lontani perche' Joseph era impegnato come vescovo e cardinale. Infine il trasferimento a Roma e' stato un po' come una perdita anche perche' sapevo che era una grande responsabilita' per mio fratello e sapevo che avremmo avuto pochi contatti.
Tre volte l’anno io andavo a Roma, soprattutto l'estate, e a Natale Joseph e Maria venivano da me, nella casa a Pentling: Maria completava il trio. Da quando non c'e' non c'e' piu' questo trio. Naturalmente la sua presenza richiamava anche la presenza dei nostri genitori. Anche se mancavano lei e' sempre stata la persona che ci faceva pensare a loro".
"Durante il Conclave - confida ancora mons. Georg - non ho mai pensato che mio fratello potesse diventare Papa: ero convinto che non fosse possibile perche' era troppo anziano ormai. Mi ricordavo di papa Giovanni XXIII ma Papa Pio XII non aveva fatto piu' cardinali, e quindi c’era anche una scelta ristretta, ma nel 2005 non era piu' cosi'. Poi quando e' arrivata la notizia la primissima reazione è stata di tristezza, perche' ero consapevole del fatto che come Papa sarebbe stato trasportato fuori dalla sua vita privata e personale. Non sapevo che si puo' mantenere un rapporto molto personale con il Papa e incontralo come faccio adesso, con tutti i privilegi che ho ricevuto per arrivare e ripartire".
"E' sempre un momento molto festoso e solenne - assicura - quando si scende dall'aereo: un'auto della polizia viene a prendermi sotto la stiva e io penso agli altri viaggiatori con le vligie, costretti a cercare i mezzi pubblici. E in Vaticano c'e' sempre un'accoglienza gioiosa da parte delle memores, i segretari, suor Christine, che rendono l’accoglienza molto bella. Poi vado a visitare mio fratello nella sua stanza. Quello e' il nostro primo incontro, ed per me e' tornare a casa, quando ci raccontiamo le ultime novita'.
La casa e' l'incontro con mio fratello dovunque sia.
E sento che qui la famiglia del Papa e' diventata anche la mia famiglia. Si parla di Regensburg, dei vicini, delle persone che conosce da tempo, dei compagni di studio". I fratelli parlano anche dei gatti che sono rimasti nella casa in Germania (mentre nel Palazzo Apostolico non ce ne sono).
Tornato a Regensburg, poi, "ogni mattina - conclude infine mons. Ratzinger - il mio pensiero per lui e' che possa avere la salute e la forza, di cui ha bisogno per compiere la sua missione".

© Copyright (AGI)

Nessun commento: